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LA NOBILDONNA E IL DUCA
(L'ANGLAISE ET LE DUC)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 febbraio 2002
 
di Eric Rohmer, con Lucy Russel, Jean-Claude Dreyfus, François Marthouret (Francia, 2001)
 
Eric Rohmer, uno dei grandi vecchi del cinema francese, mette in scena gli aristocratici in fuga davanti alle atrocità commesse dai rivoluzionari. Siamo nel 1790: ma, è stato sufficiente per rilanciare le polemiche su un maestro di grandezza indiscussa, ma sospettato di essere 'di destra'. Eppure LA NOBILDONNA ED IL DUCA è innanzitutto una ricostituzione, assolutamente sorprendente, d'epoca: minuziosamente datata, quasi confinata nel piacere dell'operazione stessa.

Certo, è la storia di una nobildonna inglese che arrischia bravamente la ghigliottina pur di evitarla ai suoi vecchi amici monarchici: ma che è piuttosto sbrigativo liquidare in questi termini. Semmai, (ma non è poi questo il segno del genio?) la vera rivoluzione il vecchio maestro la scatena non tanto con ciò che va raccontando: ma con il coraggio dell'innovazione, la sfida della provocazione indotta dal linguaggio. Sarà anche reazionario Rohmer, a me pare piuttosto curioso di osservare la Storia da un'altra parte della barricata. Ma come non rimanere incantati dall'arrischiata gioventù di come affronta un genere tradizionale, radicato nelle convenzioni com'è il film storico? Via gli sfondi monumentali in cartapesta, le infilate grandiloquenti, le centinaia di figuranti in costumi d'epoca. Al loro posto, l'uso delle modernissime riprese in digitale: ma non per riprodurre ad alta definizione il passato. Per evidenziare l'artificio, trovare un nuovo approccio a quella realtà, sottolineare ciò che il regista ha sempre cercato, il distacco disincantato dell'osservazione. Solo che, per certi aspetti, LA NOBILDONNA ED IL DUCA è un Rohmer diverso: nel quale l'azione, il suspense addirittura, ritorna nella rappresentazione. E' la storia dei piccoli che invade la Storia con la maiuscola. Con delle perquisizioni a domicilio, o delle aggressioni stradali che non sarebbero dispiaciute ad Hitchcock.

Gli ambienti del film sono costituiti da dipinti dell'epoca, quelli minuziosi della fine del Settecento che anticipavano l'arrivo dei dagherrotipi fotografici; e che finiranno per animarsi, grazie alle tecniche digitali. Gli interni, e gli esterni: che separano due classi sociali. Dentro, la pittura realista di una vita fino ad allora minuziosamente regolata e protetta. Fuori, l'affresco sconfinato, come nella pittura veneziana: con le figurine del popolo ridotte a piccoli segni quasi indistinti. Un raffinato fumetto, didattico e poetico.

Il punto di vista di LA NOBILDONNA ED IL DUCA rimane costantemente unilaterale: è quello dell'aristocrazia e delle sue preoccupazioni nei confronti di una morte che non è ormai più soltanto annunciata. Della narratrice inglese, Grace Elliot, che è stata l'amante del duca di Orléans; e rimarrà incondizionata ammiratrice - al contrario del suo coraggioso amico - del cugino di questi, Luigi XVI. Generosa, appassionata ed idealista, lei; ignoranti e brutali coloro che minacciano alle porte. Solo che, conoscendo l'autore dei Racconti Morali, c'è da chiedersi se sia l'analisi della politica ad importargli: e non, piuttosto, quella degli individui, e dei loro comportamenti. Concreti: di una splendida fisicità, a somiglianza di quella della sconosciuta protagonista Lucy Russell: che contrasta significativamente, quasi sensualmente con l'artificiosità della cornice.

Ai margini della Storia: ma all'interno di una gestione del bene e del male che nasce dal gioco delle relazioni più intime dei personaggi. Che Rohmer non ha mai dipinto neri, ma nemmeno bianchi. Mai totalmente simpatici, contradditori, ma sempre osservati con comprensione. Pedine di un gioco quasi astratto, talvolta addirittura arbitrario, nelle quali lo spettatore stentava ad identificarsi, ma con le quali era costretto a meditare.

Distaccato e invasivo: servendosi sapientemente dell l'iconografia d'epoca, ma invadendola realisticamente, Rohmer finisce per confrontare il pubblico al privato: il Terrore degli storici Comitati di salute pubblica, al terrore puro e semplice. Da qui, l'ambiguità di una visione che si allontana dai libri di testo. Ma da qui, pure, una riflessione che da estremamente originale si fa anche moderna, sui rapporti fra violenza e libertà. E lo dice l'autore stesso: " Pure oggi c'è molto terrore nel mondo; diciamolo pure, più paura del terrore che speranza nella rivoluzione. Mi direte che ci si può liberare del terrore grazie alle rivoluzioni; ma, insomma, il terrore è tanto più pernicioso in quanto praticato in nome di un ideale. "


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